Come dormire meglio: l’aspirapensieri

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Ho letto questa tecnica per dormire meglio sul libro Opening Up (Scrivi cosa ti dice il cuore, in italiano) di cui vi parlai, scritto da James Pennebaker, professore di psicologia all’università del Texas.

Supponete di avere dei pensieri che vi fanno addormentare in ritardo e magari anche dormire male. Come migliorare la situazione?
Pennebaker ha escogitato un metodo ispirato all’aspirapolvere: e se potessimo estrarre da noi i pensieri?
Come fare? Semplice. Prendete un registratore e, a letto, parlate appunto al registratore.
Prenderete sonno più in fretta e dormirete meglio. Dovete parlare come in un flusso di coscienza, dicendo tutto quello che vi viene in mente, finché non vi addormentate.
Il registratore si è trasformato così in un… aspirapensieri 🙂

La tecnica è stata sperimentata su un gruppo di studenti, che sono stati divisi in tre gruppi. Un gruppo è stato fatto addormentare normalmente, uno contando pecore, uno indossando una maschera per l’ossigeno modificata per accogliere un registratore. Questo gruppo ha avuto un sonno migliore, ha avuto meno difficoltà ad addormentarsi e ha avuto meno interruzioni del sonno durante la notte.

La tecnica funziona chiaramente se i motivi della eventuale insonnia sono psicologici, se ci sono delle cause fisiche non va bene.

Ho sperimentato personalmente la tecnica e posso dirvi che funziona, anche se non è che avessi chissà quale insonnia. Ho provato anche senza registratore, ma in quei casi mi sono sentito più stupido a parlare, e ho interrotto prima l'”esperimento”.
All’inizio era strano dire quello che mi veniva in mente, perché una cosa è avere in mente dei pensieri, una cosa è dirli. Non so, per certe cose quasi mi vergognavo (non che fosse chissà che poi), poi mi sono abituato, anzi posso dire che è bello!
Provate!

Affinità: lo stile del linguaggio

Se penso alla parola affinità mi viene subito in mente affinità di coppia in senso sentimentale, ma quanto sto per dire credo valga anche per l’amicizia, e così ho omesso la parola coppia.

Non ho mai pensato troppo a cosa rende due persone compatibili.
Cioè, ad esempio, perché siamo amici di alcuni piuttosto che di altri? E cosa esattamente ci rende più o meno compatibili con un esponente dell’altro sesso?
La psicologia si occupa di rispondere anche a domande come queste, e cercando informazioni a proposito dell’autore di Opening up, James Pennebaker , di cui ho parlato brevemente qui, mi sono imbattuto in una interessante considerazione.

Per la verità non è una considerazione, ma una ricerca intitolata Language Style Matching Predicts Relationship Initiation and Stability, pubblicata sulla rivista Psychological Science.
Lo studio descrive un metodo di previsione della compatibilità sentimentale, e i dati su cui si basa provengono da incontri di tipo speed-date . Secondo me, comunque, i risultati potrebbero essere applicati anche all’amicizia, ma scientificamente occorrerebbe un tipo diverso di esperimenti.

La ricerca sostiene che sono più compatibili sentimentalmente persone che si esprimono in modo simile.
Esprimersi, sì, ma in che senso?
Non si tratta tanto dei sostantivi o dei verbi usati, ma del vero e proprio stile. Il nostro stile è dettato dal modo in cui costruiamo le frasi, e in particolare  la ricerca si focalizza sull’uso delle parole-funzione, come pronomi o articoli.

Io avevo già fatto alcune riflessioni sul modo di comunicare. Più che altro a livello sentimentale diciamo, ma il punto è comunque che se non ti trovi a tuo agio nella comunicazione con un’altra persona, di sicuro non riuscirai a essere suo amico e neanche qualcosa di più.
Anni fa non ci facevo caso, ma poi nel tempo ho avuto modo di parlare con persone che usavano uno stile tanto diverso dal mio quasi da non comprenderle, o comunque da sentirle estranee. In questo senso, sì, credo che per instaurare una buona relazione sentimentale tu debba trovare dall’altra parte un “altro te”, mentre per tante altri aspetti questa non è una condizione necessaria.

Le mie considerazioni, che Pennebaker e soci hanno verificato sperimentalmente, non sono tutto sommato così sorprendenti, perché il linguaggio e il modo in cui lo gestiamo è uno dei modi in cui esprimiamo il nostro essere, ed è quindi ovvio che ci consenta di capire – anche inconsciamente – quanto ci sentiamo in sintonia con una persona.

Ecco, in sintonia. Nella ricerca che citavo è stato utilizzato uno strumento, un programma che analizzando testo che proviene da due persone (email o anche discorsi trascritti), valuta quanto esse siano compatibili. È disponibile sul sito In Synch: Language Style Matching.
Però da quanto apprendo è pensato per la lingua inglese e non so quanto sia attendibile per l’italiano. Sembra che ci sia stata una effettiva correlazione tra il punteggio di affinità stabilito dallo strumento rispetto alla affinità stimata in un breve speed-date tra i due interlocutori analizzati.
Già, lo speed-date. Penso sarebbe molto divertente parteciparvi, se impazzisco un altro po’ potrei anche farlo, ma, per ora. non è da me